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ltre alla retribuzione, il trattamento di fine rapporto è uno degli elementi che definiscono maggiormente (e completano) il rapporto tra azienda e dipendenti. Ma dove si trova il TFR in busta paga? E come viene calcolato durante il regolare contratto di lavoro?

Il cedolino indica molte voci, tra cui anche quelle relative alla maturazione della cosiddetta “buonuscita”, ma bisogna sapere come leggerlo nel modo giusto. Scopri nel nostro approfondimento dove si trovano queste informazioni e come leggerle correttamente.

Come funziona il TFR maturato in busta paga

Iniziamo con una premessa: indipendentemente dal settore o dal tipo di azienda, dovremmo sempre vedere il TFR in busta paga. Questo perché è un diritto che spetta a tutti i dipendenti assunti con contratto di tipo subordinato. Tuttavia, ci vuole un po’ di occhio per capire la situazione in un contesto più ampio ed è fondamentale sapere bene cos’è il TFR e come funziona

Ciò che vediamo nel cedolino vale per la quota di trattamento di fine rapporto maturata nel mese e nell’anno in corso, oltre a quella degli anni precedenti. Non vedremo, però, il totale netto del “tesoretto” accumulato negli anni precedenti e nemmeno quanto maturerà in futuro. Il calcolo della liquidazione del TFR deve infatti tenere conto di diverse variabili e segue questo schema:

  • ogni anno la retribuzione lorda viene divisa per 13,5;
  • l’ultima quota viene sommata a quelle precedenti;
  • dal totale si sottrae lo 0,5% dell’INAIL;
  • si effettua la rivalutazione in base al tasso fisso di 1,5% a cui si somma il 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo indicato dall’ISTAT.

E allora cosa rappresenta la quota TFR presente in busta paga ogni mese? In pratica, la voce evidenzia una visione parziale della situazione relativa all’accantonamento.

Il TFR in busta paga è netto o lordo?

Ecco un altro punto chiave: in realtà la risposta è semplice, visto che la tassazione del TFR avviene solo al momento della conclusione del rapporto lavorativo. Il TFR in busta paga è quindi lordo, visto che i dipendenti saranno tenuti a versare le imposte solo al momento della liquidazione.

A tal proposito, ricordiamo che l’imposizione del trattamento di fine rapporto lasciato in azienda segue gli scaglioni classici dell’IRPEF. Si parte da un minimo del 23% e si arriva a un massimo di 43% per i redditi più elevati.

Dove trovare il TFR in busta paga

Vediamo quindi dove si vede il TFR in busta paga. Sebbene il documento possa variare in base all’azienda, ci sono alcuni blocchi di contenuti che si ripetono per tutti. In particolare, la struttura principale include:

  • Parte alta o testa
  • Parte centrale o corpo
  • Parte bassa o piede 

Nella parte alta troviamo i dati del datore di lavoro e di ogni dipendente, insieme alla data d’inizio del contratto e al livello d’inquadramento. Nella parte centrale, invece, possiamo individuare subito lo stipendio lordo insieme a eventuali indennità, assenze e ferie. Infine, nella parte bassa troviamo gli altri dati a completamento della posizione, tra cui le trattenute, le detrazioni e la quota di TFR. Nel cedolino di norma possiamo trovare la quota mensile e quella già maturata.

Ma cosa succede quando il TFR in busta paga non c’è? Come abbiamo detto, non dovrebbe mai accadere, visto che è obbligatorio. Soprattutto nel caso in cui sia necessario richiedere un anticipo sul TFR, è importante conoscere ogni dettaglio; per questo, bisognerebbe chiedere alla propria azienda perché non è visibile. Nel caso in cui si sia scelto di destinare il TFR in un fondo pensione, la quota non sarà invece presente, ma dovrebbe comunque essere indicato lo spostamento nella previdenza integrativa. 

Esempio di TFR in busta paga

La voce del TFR in busta paga può variare: ad esempio, potremmo leggere accantonamento TFR mensile o qualcosa di simile, insieme al valore che indica la quota accantonata, ad esempio 125 euro, e quanto accumulato durante l’anno in corso, ad esempio 1.000 euro. Inoltre, una voce del tipo TFR spettante al 31/12/2023 ci dice quanto abbiamo messo da parte fino alla fine dell’anno precedente, ad esempio 7.500 euro.

Il TFR in busta paga conviene?

Dopo aver esaminato queste informazioni, una domanda sorge spontanea: conviene lasciare il TFR in busta paga ogni mese o è meglio valutare una scelta diversa per la destinazione del trattamento di fine rapporto? Per rispondere, si può considerare la tassazione. Abbiamo già visto quanto ci costa lasciare la somma in azienda, in termini di tassazione (dal 23 al 43%): non poco, quindi. 

Nel caso si decida di destinare il TFR in una forma pensionistica integrativa, invece, l’imposizione fiscale è più leggera: si va dal 9 al 15% in base agli anni di permanenza nel fondo pensione. Perché è più bassa? Semplicemente perché lo Stato ha deciso di incentivare il ricorso a questa formula, in modo che i dipendenti possano poi contare su una pensione più ricca.

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Oltre a decidere di far confluire il TFR in un fondo pensione, i dipendenti possono aggiungere anche il welfare erogato dal proprio datore di lavoro, che è conveniente perché deducibile dal 730 (e quindi abbassa l’imposizione fiscale). 

Ad esempio, Coverflex mette a disposizione delle aziende una soluzione welfare all’avanguardia e semplice da attivare, 100% digitale, che offre vantaggi fiscali per tutte le parti coinvolte, oltre ad ampie possibilità di utilizzo.

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