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L’addizionale comunale all’IRPEF è una delle imposte previste dal nostro sistema tributario. Ma come funziona e quali sono le aliquote attualmente in vigore? Leggi nel nostro approfondimento tutto quello che c’è da sapere su questa tassa, inclusi i soggetti tenuti al pagamento e gli esclusi, insieme a un esempio del calcolo dell’addizionale comunale.
L’addizionale comunale è un’imposta diretta, istituita nel 1998, che si applica ai redditi delle persone fisiche sulla base di un’aliquota stabilita dal Comune in cui il contribuente detiene il domicilio fiscale. Come nel caso dell’addizionale regionale, viene calcolata sul reddito complessivo determinato ai fini IRPEF, al netto degli oneri deducibili riconosciuti ai fini della stessa imposta.
L’addizionale comunale prevede sia un acconto sia un saldo. Inoltre, varia da Comune a Comune e può avere un’aliquota compresa tra lo 0,1% e lo 0,8%. L’ammontare dell’imposta dipende quindi non solo dal reddito del contribuente, ma anche dall’aliquota stabilita dal Comune.
Come facilmente intuibile, questo tributo rappresenta una fonte importante di entrate per i Comuni, che possono così destinare le risorse ricevute a servizi e infrastrutture locali. Ad esempio, possono usare i fondi per la manutenzione delle strade, la gestione dei rifiuti, l’illuminazione pubblica, la cultura e lo sport.
L’addizionale comunale deve essere corrisposta da tutti i soggetti (residenti o non residenti) con domicilio fiscale nel Comune interessato, già passivi di IRPEF, ovvero dipendenti, pensionati e lavoratori autonomi iscritti al regime ordinario. Come anticipato, si applica sul reddito al netto di eventuali detrazioni fiscali e di crediti d’imposta per redditi prodotti all’estero (per cui siano già state pagate le tasse, chiaramente).
Dopo aver specificato chi è tenuto a pagare l’addizionale comunale, vediamo per quali situazioni scatta l’esenzione:
I dipendenti possono vedere l’addizionale comunale già in busta paga, determinata dal sostituto d’imposta (ovvero il datore di lavoro). L’imposta viene trattenuta nel cedolino in saldo, calcolato sull’anno precedente da gennaio a dicembre in 11 rate di eguale importo. C’è però anche l’acconto dell’addizionale comunale per l’anno corrente, pari al 30%, che si applica da marzo a novembre. In questo caso le rate sono 9, ma sempre dello stesso importo.
Per le partite IVA in regime ordinario, invece, l’imposta va versata secondo le modalità previste per il pagamento dell’IRPEF. All’interno del modello F24 bisogna fare riferimento al codice catastale del Comune e al codice tributo dell’addizionale regionale: per l’acconto è il 3843, mentre per il saldo è il 3844.
Il calcolo dell’addizionale comunale è molto semplice. Basta infatti applicare l’aliquota all’imponibile IRPEF dopo aver scalato gli oneri deducibili. L’imposta fa riferimento direttamente al Comune in cui si è domiciliati fiscalmente al 1° gennaio dell’anno di riferimento. Sul sito del Dipartimento delle Finanze è possibile scaricare e consultare la tabella aggiornata con tutte le aliquote confermate dai Comuni. In alternativa, è sempre possibile verificare sul sito online del proprio Comune.
Sono gli stessi Comuni a indicare eventuali soglie di esenzione sulla base al reddito complessivo del contribuente. Inoltre, in alcuni casi c’è una sola aliquota mentre in altri ne troviamo diverse a seconda dei diversi scaglioni di reddito che possono essere gli stessi dell’IRPEF o anche diversi.
Facciamo un esempio di calcolo dell’addizionale comunale: attualmente a Milano l’aliquota unica è pari allo 0,8% e la soglia di esenzione è di 23.000 euro. Nel caso in cui un dipendente abbia un imponibile pari a 25.000 euro, la tassa da pagare sarà di 200 euro (25.000 x 0,8%).
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I numeri presentati sono una stima che potrebbe non tenere conto di detrazioni e tasse locali variabili, specialmente per il regime ordinario. Ti suggeriamo di consultare un commercialista per avere un calcolo preciso sulla tassazione della tua Partita IVA.