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Quando si parla di HR, normalmente l’attenzione si concentra sulla fase di selezione del personale. Tuttavia, ogni azienda dovrebbe focalizzarsi anche su chi decide di lasciare il suo posto. Ed è proprio a questo che serve una exit interview: scopri di cosa si tratta e perché è così importante, insieme a qualche esempio di domande da porre ai dipendenti che hanno scelto di interrompere il loro rapporto lavorativo.
L’espressione inglese exit interview, che viene tradotta in italiano come colloquio di uscita, indica l’incontro finale tra la persona responsabile delle risorse umane e il dipendente che ha dato le dimissioni. Diversamente dalle fasi di recruiting, strutturate in uno o più colloqui, non sempre avviene: vedremo poi perché questa “dimenticanza” potrebbe essere un problema per l’azienda.
L’obiettivo primario della exit interview è raccogliere informazioni utili sulle ragioni che hanno spinto la persona a rassegnare le dimissioni. Nel caso non si tratti di un motivo personale, potrebbero emergere delle problematiche aziendali come:
Il colloquio di uscita può svolgersi di persona o anche attraverso altri canali, ad esempio tramite una chiamata video o al telefono. La durata è variabile, ma si va da circa mezz’ora a un’ora, a seconda del numero di domande programmate. Talvolta, per velocizzare la procedura, si ricorre a un questionario scritto chiamato exit survey.
Prima di lanciarsi nella ricerca di qualcuno che possa sostituire il dipendente dimissionario, l’azienda deve approfondire le eventuali cause per evitare che ciò accada di nuovo o, ancor peggio, che se ne vadano anche altri. Quando una persona si licenzia, insieme a lei se ne vanno anche conoscenze e competenze.
Grazie alla exit interview, l’azienda potrebbe infatti scoprire che c’è qualcosa che non funziona. Se trascurato, un piccolo problema rischia di crescere e creare un malcontento diffuso, con ripercussioni su tanti aspetti: dalla qualità del lavoro alla produttività.
Il colloquio di uscita rappresenta quindi un’occasione per riflettere sul percorso svolto fino a quel momento, rimuovendo eventuali ostacoli per sfruttare tutte le possibilità di crescita. Ad esempio, il team HR potrebbe scoprire che il problema è a monte, ovvero durante la selezione del personale. O, molto più banalmente, che le retribuzioni non sono al passo con l’andamento e le aspettative del mercato attuale.
Oltre alla necessità di svolgere la exit interview, è anche fondamentale pianificarla nel modo migliore. Innanzitutto, si consiglia di pianificare l’incontro poco prima della conclusione del contratto di lavoro, ma comunque non dopo il passaggio di consegne finale. Così facendo, la conversazione potrà essere rilassata e diretta, senza paura di ripercussioni.
In secondo luogo, è bene affidare il colloquio a qualcuno che non fosse direttamente responsabile della persona dimissionaria. Nel caso la motivazione dell’addio sia legata proprio al rapporto tra i due, le risposte potrebbero risultare evasive o poco sincere.
Infine, il manager incaricato della exit interview dovrebbe preparare una lista di domande da porre. Ogni azienda è diversa, e per questo consigliamo di personalizzare il colloquio. Tuttavia, lo schema classico dovrebbe comunque includere una riflessione su onboarding, compiti svolti, opportunità di carriera e interazioni con colleghi o superiori.
Come anticipato, ogni colloquio dovrebbe essere costruito su misura della realtà aziendale. Ci sono però delle domande classiche da non dimenticare durante la exit interview: ecco alcuni esempi da cui partire.
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