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Giada Purini
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Tra le diverse indennità sostitutive previste dal nostro sistema normativo, ovvero i compensi riconosciuti a chi lavora come forma di compensazione per altri diritti non goduti, c’è anche l’indennità di mensa. Ma che cos’è esattamente e come funziona? Vediamo nel dettaglio quali sono le informazioni da sapere su questo argomento.
L’indennità di mensa è una somma di denaro che viene erogata al dipendente in assenza di mensa aziendale. Destinata a coprire i costi dei pasti consumati durante la pausa pranzo, varia a seconda dell’azienda, del CCNL e delle politiche interne. In alcuni casi può essere inclusa nel salario base del dipendente, mentre in altri contesti viene erogata come un importo separato.
Anche se l’azienda propone un servizio mensa, l’indennità deve essere comunque corrisposta alle categorie di dipendenti che non possono accedervi. O, in altri casi, l’azienda può scegliere chi può usufruire della mensa e chi dell’indennità (o, ancora, dei buoni pasto): l’importante è che tutti possano accedere al loro diritto, in un modo o nell’altro. Inoltre, l’indennità di mensa spetta sia ai dipendenti a tempo pieno sia a quelli in part-time.
Dal punto di vista fiscale, l’indennità di mensa è soggetta a tasse e contributi. C’è però un’eccezione che prevede l’esenzione fino alla somma massima di 5,29 euro al giorno. I requisiti per accedere a questa condizione agevolata sono:
Qual è l’importo dell’indennità di mensa aziendale? Abbiamo già anticipato che varia da azienda ad azienda, oltre che dal tipo di contrattazione. Per calcolarlo bisogna moltiplicare la quota giornaliera per i giorni di lavoro del dipendente. Tale cifra è però da intendere lorda, visto che è parte integrante dello stipendio, e quindi soggetta a IRPEF e contributi INPS.
Come alternativa all’indennità di mensa in busta paga, il datore può optare per i buoni pasto o per un credito versato su una carta prepagata, come per la soluzione Coverflex. In questo modo la compensazione viene direttamente utilizzata per acquistare cibo e bevande presso ristoranti, bar, locali e delivery convenzionati. Molte aziende scelgono questa opzione perché, oltre a essere più comoda e innovativa, offre vantaggi a entrambe le parti.
Dal punto di vista dei dipendenti, entro una determinata soglia i voucher per il pranzo non concorrono alla formazione del reddito e quindi sono detassati. I buoni pasto cartacei sono infatti esentasse fino a 4 euro al giorno, mentre quelli elettronici fino a 8 euro (lo Stato ha recentemente valorizzato il formato digitale perché più sicuro e tracciabile).
L’azienda ci guadagna grazie alla deducibilità, visto che può dedurre il costo sostenuto e l’IVA. In aggiunta, può abbinare i buoni pasto ad altri benefit e sconti per migliorare la soddisfazione e fidelizzazione del personale, con un aumento della produttività.
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I numeri presentati sono una stima che potrebbe non tenere conto di detrazioni e tasse locali variabili, specialmente per il regime ordinario. Ti suggeriamo di consultare un commercialista per avere un calcolo preciso sulla tassazione della tua Partita IVA.