Onboarding aziendale

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In un mondo del lavoro quanto mai dinamico e imprevedibile, la fase di accesso dei nuovi collaboratori in azienda deve essere curata in ogni dettaglio. Ed è proprio per questo che si parla sempre di più del processo di onboarding, un momento chiave per plasmare la cultura aziendale, valorizzare i talenti e mettere le basi per i futuri successi in termini di produttività e qualità. Ma qual è il significato di onboarding? E come dovrebbe essere svolto? Ripercorriamo l’origine di questa parola e diamo qualche consiglio pratico per svolgerlo nel migliore dei modi.

Cos’è l’onboarding aziendale?

La parola onboarding si è ormai assestata stabilmente all’interno del gergo aziendale. Il termine nasce negli Stati Uniti negli anni Settanta e da allora si è diffuso in tutto il mondo, Italia inclusa. Sebbene la traduzione letterale di onboarding sia salire a bordo o imbarcarsi, nel contesto lavorativo indica la procedura di inserimento di una nuova risorsa all’interno dell’azienda.

Il processo di onboarding è di norma svolto dal reparto Risorse Umane, il cui compito è quello di dare il benvenuto e accompagnare le persone che stanno facendo il loro ingresso in azienda. Ogni passo deve essere pianificato in anticipo, standardizzato, adattato di volta in volta e costantemente migliorato. Proprio per questa ragione, non deve essere confuso con l’orientamento, che dura pochi giorni, avviene ad assunzione già avvenuta e tramite l’ausilio dei diretti responsabili.

L’onboarding inizia prima che la risorsa arrivi e prosegue anche dopo per alcune settimane, nel migliore dei casi per mesi. In più, si sviluppa attraverso diverse strategie, che spaziano dall’utilizzo di materiali audiovisivi o scritti, riunioni e altri incontri.

Gli obiettivi dell’onboarding

Lo scopo principale dell’onboarding non è semplicemente mostrare ai nuovi dipendenti le attività da svolgere (quello avviene durante la formazione), ma piuttosto a “immergerli” nella nuova cultura aziendale. Sul lungo termine, punta quindi a costruire un rapporto sereno tra l’azienda e i nuovi arrivati, gettando le fondamenta per una lunga e proficua collaborazione. Se ben strutturato, può aiutare a conquistare alcuni importanti traguardi:

  • Fidelizzare i nuovi talenti e scoprire eventuali potenzialità inesplorate
  • Migliorare la soddisfazione di ogni dipendente, evitando stress e burnout
  • Incrementare le performance lavorative
  • Ridurre il turnover del personale

Le fasi del processo di onboarding

Per risultare realmente efficace, l’onboarding deve seguire dei passaggi predefiniti. Ogni azienda può scegliere di personalizzarli e dilatare a piacere le tempistiche, ma di norma tutta la procedura dovrebbe essere avviata prima dell’arrivo della nuova persona assunta e proseguire per qualche settimana o più. Ecco un esempio di onboarding aziendale a cui ispirarsi.

1. Onboarding prima dell’inizio del lavoro

Come anticipato, l’onboarding parte prima dell’ingresso in azienda del nuovo arrivo. Nella maggior parte dei casi inizia subito dopo l’esito positivo del recruiting, con la conferma dell’accettazione della posizione lavorativa. Tuttavia, idealmente dovrebbe entrare in funzione al momento della stesura dell’offerta o durante la selezione del personale. Perché? Molto semplicemente, per presentare al meglio l’azienda ai candidati ed evitare che, una volta selezionata la persona giusta, abbia dei ripensamenti. Questa rappresenta anche la fase preparatoria, in cui viene plasmata meglio la strategia complessiva.

2. Onboarding nella prima settimana

Una volta selezionati i nuovi dipendenti, l’onboarding entra nel vivo. In particolare, il primo giorno di impiego deve lasciare una sensazione positiva a chi è appena arrivato. Come dice il detto, la prima impressione (spesso) è quella che conta: il team HR si deve occupare delle dovute presentazioni ai colleghi, mostrare il luogo di lavoro, offrire i materiali informativi e tutto il necessario per l’avvicinamento a tutto ciò che riguarda la cultura aziendale. Contestualmente, iniziano anche l’orientamento e la formazione per il nuovo ruolo ricoperto.

3. Onboarding nelle settimane successive

Una volta completata la prima settimana di onboarding, il team HR deve continuare ad assicurarsi che la nuova risorsa si stia ambientando al meglio. Nel caso siano emersi dei problemi, questo è il momento perfetto per raccogliere i feedback e implementare le misure necessarie per rimuovere qualsiasi ostacolo.

Come gestire il processo di onboarding

Oltre a prendere spunto dagli esempi di onboarding aziendale già rodati, i responsabili delle Risorse Umane dovrebbero continuamente monitorare l’efficacia di tutto il processo. In particolare, bisogna curare attentamente tutti i materiali forniti, siano essi cartacei o digitali. Contestualmente, vanno inoltre consegnati tutti i regolamenti interni e i vademecum, assicurandosi che siano sempre aggiornati e corretti. Per una corretta gestione dell’onboarding si consiglia inoltre di: 

  • assicurarsi che i valori aziendali emergano chiaramente;
  • informare per tempo lo staff del nuovo arrivo;
  • stilare un piano di attività su misura per chi sta muovendo i primi passi.

Oggi alcune aziende effettuano l’onboarding online: si tratta di una scelta da ponderare in base alle proprie necessità e da calibrare attentamente, visto che stabilire un contatto umano significativo è uno dei traguardi. Come abbiamo visto, non c’è una “taglia unica”: per ottimizzare l’inserimento è però possibile automatizzare alcuni step tramite appositi gestionali e avere una lista di task da usare come schema generale. Ad esempio, puoi scaricare la nostra checklist per l’onboarding e usarla come riferimento per la tua azienda.

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